L’Islanda, come si sa, è un’isola piuttosto giovane nata dalle eruzioni che interessano la dorsale mediooceanica atlantica. Proprio in questo punto infatti le placche euroasiatica, americana e la piccola placca di Hreppar si stanno allontanando al ritmo di un centimetro l’anno creando instabilità nella zona. E’ per questo che l’Islanda conta 31 vulcani attivi e un’attività sismica costante anche se lieve.
Ma come viene monitorata la situazione? E’ l’IMO, l’Icelandic Meteorological Office che se ne occupa. Lungo la faglia sono disposti numerosi strumenti di rilevazione: 62 dispositivi di controllo delle scosse telluriche, altri 70 con segnale gps per individuare eventuali deformazioni del sottosuolo, 6 strumenti di misurazione dell’allontanamento delle placche.
Oltre a questi, sono presenti 200 stazioni meteo che forniscono dati sulla temperatura e sulla presenza di polveri nell’aria e 160 stazioni di rilevazione idrogeologica che controllano il livello di fiumi e laghi e la velocità di scorrimento dei torrenti glaciali. C’è infatti una stretta connessione tra questi fenomeni e il possibile inizio di un’attività vulcanica. Infine, altri strumenti rilevano la presenza di gas in corrispondenza dei crateri.
I dati vengono raccolti ed analizzati scrupolosamente e, nel caso sia necessario, un contatto diretto con il servizio di protezione civile garantisce un’informazione tempestiva e l’immediata evacuazione delle zone a rischio.
Nella breve storia dell’uomo in Islanda si contano ben 250 eruzioni, ben nota quella dell’Eyjafjallajokull nel 2010, ma altre se ne attendono per il prossimo futuro: i maggiori vulcani del complesso sistema sud – orientale,Hekla, Katla, Askja e Grímsvötn danno segnali di risveglio. Nessuno può prevedere esattamente quando succederà, ma la tecnologia e la scienza ci permettono di conoscere con tempestività i movimenti sotto la crosta terrestre e di attivare con celerità le misure di protezione.